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Papa Francesco: «La terra è ferita, serve una conversione ecologica»

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«La terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia»

La lettera «Laudato si’»: siamo cresciuti credendoci autorizzati a saccheggiare il pianeta. La crisi ambientale è crisi antropologica ed è legata al modello di sviluppo: bisogna eliminare le cause strutturali di un’economia che non rispetta l’uomo. Appello a governi e istituzioni, proposta di nuovi stili di vita.

La difesa della natura non è compatibile con aborto e sperimentazione sugli embrioni. Per la prima volta in un’enciclica la citazione di un mistico del sufismo, Ali Al-Khawwas

ANDREA TORNIELLI CITTÀ DEL VATICANO

18/06/2015

L’enciclica di Francesco: «La terra è ferita, serve una conversione ecologica»

La terra, nostra casa comune, «protesta per il male che provochiamo a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla». Serve una «conversione ecologica». La salvaguardia dell’ambiente non può essere disgiunta dalla giustizia verso i poveri e dalla soluzione dei problemi strutturali di un’economia che persegue soltanto il profitto.

L’enciclica «Laudato si’» di Papa Francesco, 246 paragrafi divisi in sei capitoli, aggiunge un nuovo contributo alla dottrina sociale  della Chiesa mettendo l’umanità di fronte alle sue responsabilità. È un testo  articolato, in vari punti molto specifico, che attinge a piene mani dai documenti di molte conferenze episcopali e non si rivolge solo ai cristiani ma «a ogni persona che abita questo pianeta». Bergoglio, valorizza le parole dei predecessori e invita a «eliminare le cause strutturali delle disfunzioni dell’economia mondiale» correggendo «i modelli di crescita» incapaci di garantire il rispetto dell’ambiente.

Nel testo, dopo aver citato il contributo del «caro Patriarca Ecumenico Bartolomeo», del suo invito «alla necessità che ognuno si penta del proprio modo di maltrattare il pianeta» , il Papa propone il modello di san Francesco, dal quale si impara come siano «inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore». Francesco rivolge un appello alla «solidarietà universale», per «unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale».

 

La «nostra casa» inquinata

Il Papa affronta il tema dell’inquinamento: gli inquinanti atmosferici che «provocano milioni di morti premature»  in particolare tra i più poveri; quello causato dai fumi dell’industria e dalle discariche, i pesticidi, l’inquinamento prodotto dai rifiuti. «La terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia».

Francesco spiega che «esiste un consenso scientifico molto consistente che indica che siamo in presenza di un preoccupante riscaldamento del sistema climatico», dovuto per la maggior parte alla grande concentrazione di gas serra. L’umanità deve «prendere coscienza della necessità di cambiamenti di stili di vita, di produzione e di consumo, per combattere questo riscaldamento». Il Papa cita lo scioglimento dei ghiacci e la perdita di foreste tropicali. Gli impatti più pesanti «probabilmente ricadranno nei prossimi decenni sui Paesi in via di sviluppo» . «Perciò è diventato urgente e impellente lo sviluppo di politiche affinché nei prossimi anni l’emissione di anidride carbonica e di altri gas altamente inquinanti si riduca drasticamente».

Francesco affronta quindi la questione dell’esaurimento delle risorse naturali e dell’«impossibilità di sostenere l’attuale livello di consumo dei Paesi più sviluppati». Parla della «povertà di acqua pubblica che si ha specialmente in Africa». Di fronte alla tendenza «a privatizzare questa risorsa scarsa, trasformata in merce soggetta alle leggi del mercato», ricorda che «l’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale». L’enciclica tratta quindi della perdita della biodiversità. Tra i luoghi che richiedono «una cura particolare, a motivo della loro enorme importanza per l’ecosistema mondiale», Francesco menziona «quei polmoni del pianeta colmi di biodiversità che sono l’Amazzonia e il bacino fluviale del Congo, o le grandi falde acquifere e i ghiacciai». Invita a non «ignorare gli enormi interessi economici internazionali che, con il pretesto di prendersene cura, possono mettere in pericolo le sovranità nazionali».

Il Papa parla del deterioramento della qualità della vita umana e della degradazione sociale, ad esempio nella «smisurata e disordinata crescita di molte città diventate invivibili» sia per l’inquinamento che per il caos urbano. Invitando a riflettere sulla «inequità planetaria», Francesco ricorda che «l’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme» colpendo i più deboli. Problemi che «non trovano spazio sufficiente nelle agende del mondo». Per questo ricorda che «un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri».

La soluzione, avverte il Papa non passa attraverso la «riduzione della natalità», che si vuole ottenere anche con «pressioni internazionali sui Paesi in via di sviluppo». Esiste, aggiunge, un vero «debito ecologico» tra il Nord e il Sud: «Il riscaldamento causato dall’enorme consumo di alcuni Paesi ricchi ha ripercussioni nei luoghi più poveri della terra». «È necessario che i Paesi sviluppati contribuiscano a risolvere questo debito» ecologico, «limitando in modo importante il consumo di energia non rinnovabile, e apportando risorse ai Paesi più bisognosi». Mentre i Paesi più poveri «hanno meno possibilità di adottare nuovi modelli di riduzione dell’impatto ambientale».

Queste situazioni richiedono un cambiamento di rotta, un «sistema normativo che includa limiti inviolabili e assicuri la protezione degli ecosistemi». Francesco denuncia «la debolezza della reazione politica internazionale» e «molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti».

«I poteri economici continuano a giustificare l’attuale sistema mondiale, in cui prevalgono una speculazione e una ricerca della rendita finanziaria», oggi «qualunque cosa che sia fragile, come l’ambiente, rimane indifesa rispetto agli interessi del mercato divinizzato, trasformati in regola assoluta». Di fronte all’esaurimento di alcune risorse si va creando «uno scenario favorevole per nuove guerre, mascherate con nobili rivendicazioni». La politica dovrebbe essere più attenta, ma «il potere collegato con la finanza» resiste a questi sforzi.

Il Papa riconosce che c’è diversità di opinioni sulla situazione e sulle possibili soluzioni. Cita due estremi: chi sostiene che «i problemi ecologici si risolveranno semplicemente con nuove applicazioni tecniche, senza considerazioni etiche né cambiamenti di fondo». E chi ritiene «che la specie umana, con qualunque suo intervento, può essere solo una minaccia e compromettere l’ecosistema mondiale, per cui conviene ridurre la sua presenza sul pianeta». La Chiesa su molte questioni concrete «non ha motivo di proporre una parola definitiva», «basta però guardare la realtà con sincerità per vedere che c’è un grande deterioramento della nostra casa comune».

 

Il Vangelo della creazione

Nel secondo capitolo, Francesco invita a considerare l’insegnamento biblico sulla creazione e ricorda che «la scienza e la religione, che forniscono approcci diversi alla realtà, possono entrare in un dialogo intenso e produttivo per entrambe» e che per risolvere i problemi è «necessario ricorrere anche alle diverse ricchezze culturali dei popoli, all’arte e alla poesia, alla vita interiore e alla spiritualità». La Bibbia «insegna che ogni essere umano è creato per amore, fatto ad immagine e somiglianza di Dio». «Noi non siamo Dio. La terra ci precede e ci è stata data», scrive Francesco, affermando che l’invito a «soggiogare la terra» contenuto nel Libro della Genesi non significa favorire lo «sfruttamento selvaggio» della natura. Siamo chiamati «a riconoscere che ogni «creatura è oggetto della tenerezza del Padre, che le assegna un posto nel mondo». L’azione della Chiesa non solo cerca di ricordare il dovere di prendersi cura della natura, ma al tempo stesso «deve proteggere soprattutto l’uomo contro la distruzione di sé stesso».

Il Papa invita a non «equiparare tutti gli esseri viventi» e a non «divinizzare» la terra. Francesco critica chi lotta «per le altre specie» ma non agisce allo stesso modo «per difendere la pari dignità tra gli esseri umani». «È evidente l’incoerenza di chi lotta contro il traffico di animali a rischio di estinzione, ma rimane del tutto indifferente davanti alla tratta di persone, si disinteressa dei poveri, o è determinato a distruggere un altro essere umano che non gli è gradito. Ciò mette a rischio il senso della lotta per l’ambiente».

 

Una crisi causata dall’uomo

Nel terzo capitolo dell’enciclica «Laudato si’» il Papa sottolinea la «radice umana» della crisi ecologica, concentrandosi sul «paradigma tecnocratico dominante». Scienza e Tecnologia «sono un prodotto meraviglioso della creatività umana», ma non possiamo «ignorare che l’energia nucleare, la biotecnologia, l’informatica, la conoscenza del nostro stesso DNA e altre potenzialità che abbiamo acquisito ci offrono un tremendo potere». Anzi, «danno a coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano». Ed è «terribilmente rischioso» che questo potere «risieda in una piccola parte dell’umanità».

«L’economia assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto… La finanza soffoca l’economia reale. Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria mondiale e con molta lentezza si impara quella del deterioramento ambientale. In alcuni circoli si sostiene che l’economia attuale e la tecnologia risolveranno tutti i problemi ambientali», allo stesso modo in cui si afferma che i problemi della fame «risolveranno semplicemente con la crescita del mercato». «Ma il mercato da solo però non garantisce lo sviluppo umano integrale e l’inclusione sociale».

Di fronte a tutto questo, la cultura ecologica «dovrebbe essere uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità che diano forma ad una resistenza di fronte all’avanzare del paradigma tecnocratico». «Ciò che sta accadendo ci pone di fronte all’urgenza di procedere in una coraggiosa rivoluzione culturale… Nessuno vuole tornare all’epoca delle caverne, però è indispensabile rallentare la marcia per guardare la realtà in un altro modo».

«Quando non si riconosce nella realtà stessa l’importanza di un povero, di un embrione umano, di una persona con disabilità – per fare solo alcuni esempi –, difficilmente si sapranno ascoltare le grida della natura stessa. Tutto è connesso». E non è «neppure compatibile la difesa della natura con la giustificazione dell’aborto». La cultura del relativismo «è la stessa patologia che spinge una persona ad approfittare di un’altra e a trattarla come un mero oggetto… È anche la logica interna di chi afferma: lasciamo che le forze invisibili del mercato regolino l’economia». Se non ci sono verità oggettive e princìpi stabili, i programmi politici e le leggi non possono bastare per «evitare i comportamenti che colpiscono l’ambiente», perché «quando è la cultura che si corrompe», le leggi verranno intese solo come «imposizioni arbitrarie e come ostacoli da evitare».

Francesco tratta poi della necessità di «difendere il lavoro» umano, che non va sostituito con il progresso tecnologico. Il vero obiettivo nell’aiuto ai poveri «dovrebbe sempre essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro». Il Papa ricorda che «le autorità hanno il diritto e la responsabilità di adottare misure di chiaro e fermo appoggio ai piccoli produttori e alla diversificazione» e perché vi sia vera libertà economica «a volte può essere necessario porre limiti a coloro che detengono più grandi risorse e potere finanziario».

A proposito dell’innovazione biologica, sono prudenti i paragrafi dedicati agli OGM, sui quali «è difficile dare un giudizio generale». Il Papa ricorda che «le mutazioni genetiche sono state e sono prodotte molte volte dalla natura stessa. Nemmeno quelle provocate dall’essere umano sono un fenomeno moderno». Riconosce che l’utilizzo dei cereali transgenici, «in alcune regioni ha prodotto una crescita economica che ha contribuito a risolvere alcuni problemi», ma cita anche «significative difficoltà che non devono essere minimizzate», come «una concentrazione di terre produttive nella mani di pochi» e la tendenza «allo sviluppo di oligopoli nella produzione di sementi». Occorre poi assicurare «un dibattito scientifico e sociale che sia responsabile e ampio, in grado di considerare tutta l’informazione disponibile». È inoltre «preoccupante», secondo Bergoglio, «il fatto che alcuni movimenti ecologisti difendano l’integrità dell’ambiente, e con ragione reclamino dei limiti alla ricerca scientifica», ma allo stesso tempo giustifichino «esperimenti con embrioni umani vivi».

 

Per un’ecologia integrale

Nel quarto capitolo dell’enciclica Francesco ribadisce l’importanza di un approccio integrale «per combattere la povertà» e al contempo «prendersi cura della natura». «L’analisi dei problemi ambientali è inseparabile dall’analisi dei contesti umani, familiari, lavorativi, urbani, e dalla relazione di ciascuna persona con sé stessa» . Il Papa parla di «ecologia sociale», ricordando che «diversi Paesi sono governati da un sistema istituzionale precario, a costo delle sofferenze della popolazione», e si «registrano con eccessiva frequenza comportamenti illegali». Anche dove esistono normative sull’ambiente, non sempre vengono applicate. Francesco cita quindi «l’ecologia culturale», e chiede attenzione per le culture locali. Invita a non «pretendere di risolvere tutte le difficoltà mediante normative uniformi», spiega la necessità di assumere la «prospettiva dei diritti dei popoli e delle culture», perché «l’imposizione di uno stile egemonico di vita legato a un modo di produzione può essere tanto nocivo quanto l’alterazione degli ecosistemi».

Il Papa elogia poi «la creatività e la generosità di persone e gruppi che sono capaci di ribaltare i limiti dell’ambiente, modificando gli effetti avversi dei condizionamenti, e imparando ad orientare la loro esistenza in mezzo al disordine e alla precarietà». Fa esempi che riguardano le città: chi progetta edifici, quartieri e città dovrebbe servire «la qualità della vita delle persone, la loro armonia con l’ambiente, l’incontro e l’aiuto reciproco» ascoltando il punto di vista degli abitanti del luogo. Francesco accenna al problema dei trasporti, all’inquinamento provocato dalle auto in città, alla priorità da dare ai trasporti pubblici che vanno però migliorati dato che in molte città si assiste a «un trattamento indegno delle persone a causa dell’affollamento, della scomodità o della scarsa frequenza dei servizi e dell’insicurezza».

L’ecologia umana significa anche «apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità» e dunque «non è sano un atteggiamento che pretenda di cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa». Dall’ecologia umana è inseparabile la nozione di «bene comune» che «presuppone il rispetto della persona umana in quanto tale, con diritti fondamentali e inalienabili», tenendo conto dello sviluppo dei gruppi intermedi, a partire dalla famiglia.

 

Come agire

Nel quinto capitolo della «Laudato si’», Francesco definisce «indispensabile un consenso mondiale che porti, ad esempio, a programmare un’agricoltura sostenibile e diversificata, a sviluppare forme rinnovabili e poco inquinanti di energia». Il Papa afferma che la «tecnologia basata sui combustibili fossili» deve «essere sostituita progressivamente senza indugio», osserva che «la politica e l’industria rispondono con lentezza» che i «vertici mondiali sull’ambiente degli ultimi anni non hanno risposto alle aspettative». I progressi sui cambiamenti climatici e la riduzione dei gas serra «sono deplorevolmente molto scarsi», anche «a causa delle posizioni dei Paesi che privilegiano i propri interessi nazionali rispetto al bene comune globale». Il Papa mette in guardia da alcune strategie per combattere le emissioni di gas, che penalizzano i Paesi poveri con «pesanti impegni sulle riduzioni di emissioni», creando «nuova ingiustizia sotto il rivestimento della cura per l’ambiente».

Francesco accenna quindi alla «perdita di potere degli Stati nazionali, soprattutto perché la dimensione economico-finanziaria, con caratteri transnazionali, tende a predominare sulla politica» chiedendo «istituzioni internazionali più forti… con autorità designate in maniera imparziale mediante accordi tra i governi nazionali e dotate del potere di sanzionare». Mentre ogni Stato deve vigilare nel suo territorio e incoraggiare le buone pratiche.

Francesco analizza la politica dei governi che rispondendo a interessi elettorali, «non si azzardano facilmente a irritare la popolazione con misure che possano intaccare il livello di consumo». E cita come esempio positivo lo sviluppo di «cooperative per lo sfruttamento delle energie rinnovabili che consentono l’autosufficienza locale», auspicando un ruolo maggiore delle organizzazioni e dei corpi intermedi della società. Il Papa scrive anche che è importante inserire lo studio sull’impatto ambientale «fin dall’inizio» in qualsiasi progetto o programma. Lasciando sempre «un posto privilegiato agli abitanti del luogo, i quali si interrogano su ciò che vogliono per sé e per i propri figli».

Bergoglio ricorda che «la politica non deve sottomettersi all’economia» e questa non deve sottomettersi alla tecnocrazia. A proposito della crisi finanziaria afferma: «Il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza» che potrà solo generare nuove crisi. Francesco invita a «evitare una concezione magica del mercato, che tende a pensare che i problemi si risolvano solo con la crescita dei profitti». Di fronte «alla crescita avida e irresponsabile che si è prodotta per molti decenni, occorre pensare pure a rallentare un po’ il passo», accettando «una certa decrescita in alcune parti del mondo», procurando risorse perché si possa crescere in modo sano da altre parti. Bergoglio osserva che «il principio della massimizzazione del profitto, che tende ad isolarsi da qualsiasi altra considerazione, è una distorsione concettuale dell’economia» e che «oggi alcuni settori economici esercitano più potere degli Stati stessi». Viene poi sottolineata «l’importanza dell’apporto delle religioni» nella soluzione dei problemi economici, sociali e ambientali.

 

Una spiritualità ecologica

Nell’ultimo capitolo dell’enciclica, Francesco invita a puntare su un altro stile di vita, per evitare che le persone finisca travolte dal «consumismo ossessivo» che «è il riflesso soggettivo del paradigma tecno-economico», nel quale si fa «credere a tutti che sono liberi finché conservano una pretesa libertà di consumare», mentre in realtà la libertà è solo di quella «minoranza che detiene il potere economico e finanziario». «L’ossessione per uno stile di vita consumistico, soprattutto quando solo pochi possono sostenerlo, potrà provocare soltanto violenza e distruzione reciproca».

Ma il Papa invita a guardare anche al positivo che già esiste, e alla possibilità per gli uomini di «ritornare a scegliere il bene». Ricordando che un cambio negli stili di vita può «esercitare una sana pressione su coloro che detengono il potere politico, economico e sociale», come «accade quando i movimenti dei consumatori riescono a far sì che si smetta di acquistare certi prodotti e così diventano efficaci per modificare il comportamento delle imprese, forzandole a considerare l’impatto ambientale e i modelli di produzione».

«La coscienza della gravità della crisi culturale ed ecologica deve tradursi in nuove abitudini», ci troviamo davanti ad «una sfida educativa». E bisogna cominciare dalla piccole scelte quotidiane. Il Papa ricorda il ruolo educativo della famiglia alla cura per la vita e l’uso corretto delle cose. E se «alla politica e alle varie associazioni compete uno sforzo di formazione delle coscienze», questo compete anche alla Chiesa: Francesco spera che nei seminari e nelle case religiose di formazione «si educhi ad una austerità responsabile».

Il Papa chiede una «una conversione ecologica», che riconosca il mondo «come dono ricevuto dall’amore del Padre». La spiritualità cristiana «incoraggia uno stile di vita… capace di gioire profondamente senza essere ossessionati dal consumo». E «propone una crescita nella sobrietà e una capacità di godere con poco». L’ecologia integrale richiede «un atteggiamento del cuore, che vive tutto con serena attenzione». Francesco suggerisce ad esempio di «fermarsi a ringraziare Dio prima e dopo i pasti», invitando infine a saper contemplare il mistero «in una foglia, in un sentiero, nella rugiada, nel volto di un povero». Qui è citato in nota, per la prima volta in un’enciclica papale, il maestro spirituale islamico sufi Ali Al-Khawwas. A conclusione della sua enciclica il Papa propone due preghiere, una «per la nostra terra» e un’altra «con il creato».

 

Fonte: http://vaticaninsider.lastampa.it/ – 18/06/2015

La «Summa Ecologica» di Bergoglio: ritorno alla realtà

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Fonte Immagine: http://vaticaninsider.lastampa.it/ (©Lapresse) Una bambina in una discarica

 

Il Papa, seguendo il «filo verde» della crisi ambientale, disegna una critica globale e incalzante al sistema di sviluppo che spinge il mondo verso gli scogli dell’auto-annientamento. E suggerisce a tutti le possibili vie di salvezza

GIANNI VALENTE CITTÀ DEL VATICANO

 

La Laudato si’ di Papa Francesco non è “soltanto” un’Enciclica ecologica. Seguendo il filo verde della questione ambientale fin nei suoi risvolti più capillari, il vescovo di Roma in realtà disegna una critica globale e incalzante al sistema di sviluppo che avvolge l’umanità e il mondo e sembra spingerli contro gli scogli dell’auto-annientamento. L’emergenza ecologica è il volto odierno della questione sociale. Il ricettacolo dove si ritrova traccia di tutte le infezioni che tormentano i popoli e le nazioni. Le generazioni e i continenti.

 

Apologia del pensiero critico

Nelle più di duecento pagine del testo papale si viaggia anche tra alghe e falde acquifere contaminate, tra barriere coralline e invasivi condizionatori d’aria. Ma il punto di leva del messaggio è l’attestazione oggettiva della insostenibilità del modello di gestione del mondo imposto dalla globalizzazione neo-mercatista. Papa Francesco documenta che «al di là di ogni previsione catastrofica, è certo che l’attuale sistema mondiale è insostenibile da diversi punti di vista». E nel far questo, coglie e descrive le connessioni spesso occultate che legano le crisi finanziarie e le migrazioni bibliche di popoli, le convulsioni geopolitiche e le guerre mondiali «a pezzi» scatenate per il controllo delle fonti di energia esauribili, perché «i problemi del mondo non di possono analizzare né spiegare in modo isolato». Le sue considerazioni, più che guardare a scenari futuribili, sono in molti casi la descrizione di un “futuro” già iniziato. Come quando esprime la facile previsione che «di fronte all’esaurimento di alcune risorse si vada creando uno scenario favorevole per nuove guerre, mascherate con nobili rivendicazioni».

 

Cupidigia “tecnocratica”

La devastazione del creato – dice in sostanza Papa Francesco – ha la sua radice nella pulsione accaparratrice che accompagna la condizione umana segnata dal peccato originale, e che condiziona anche meccanismi convulsi della globalizzazione mercatista. Di tali riflessi condizionati il vescovo di Roma attesta tutte le manifestazioni che concorrono alla rovina globale, dalle lotte delle multinazionali per avere il controllo delle fonti dell’acqua potabile fino alla pesca che depreda selettivamente le specie dei mari in base al loro prezzo di vendita. Nel disastro ambientale che incombe sul mondo, la cieca febbre che corrompe l’intero sistema raggiunge un punto di rottura riconoscibile da tutti, perché tutti – nonostante l’oscuramento della realtà tentato anche attraverso la manipolazione dell’informazione asservita ai blocchi di potere economico-finanziario – possono prima o poi misurare sulla propria pelle l’uno o l’altro degli effetti autodistruttivi innescati dai modelli di produzione e consumo che stanno progressivamente avvolgendo l’intero pianeta.

Per le generazioni che vivono questo passaggio storico, la cieca pulsione accumulatrice assume effetti così devastanti perché per la prima volta nella storia può asservire a sé gli strumenti micidiali oggi a disposizione dalle «nuove forme di potere derivate dal paradigma tecno-economico». Una potenza senza limite, che si scatena senza poter essere contenuta dalla debolezza della reazione politica internazionale. «La sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza» nota Papa Francesco «si dimostra nel fallimento dei vertici mondiali sull’ambiente. Ci sono troppi interessi particolari e molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti».

 

Ritorno alla realtà

Lo sguardo critico applicato da Papa Francesco ai processi auto-distruttivi innescati dalla «ricerca di profitto immediato» – a cui istigano le leggi del mercato «divinizzato» non sgorga da un idealismo romantico o dal sogno nostalgico di riavvolgere il nastro del tempo e tornare a forme di vita pre-industriali. Il punto sorgivo del suo giudizio sullo stato delle cose è piuttosto il rispetto della realtà, di quel dato che delirio di onnipotenza tecnocratico prova continuamente a violentare.

La radice del problema ecologico – riconosce Papa Francesco – sta proprio nel fatto che «vi è un modo di comprendere la vita e l’azione umana che è deviato e contraddice la realtà fino al punto di rovinarla». Tutta l’enciclica è intessuta di realismo e di rispetto del principio di realtà davanti ai dati oggettivi che segnano la condizione umana, a cominciare dal riconoscimento della limitatezza del mondo e delle sue risorse. Lungo tutto il testo, Papa Francesco ha disseminato efficaci antidoti al fideismo del «paradigma tecnocratico» e dei suoi propagandisti ben remunerati.

Seguendo le orme di Romano Guardini, autore a lui caro, il Papa argentino denuncia i limiti dell’antropocentrismo moderno che «ha finito per collocare la ragione tecnica al di sopra della realtà, tanto che “non sente più la natura né come norma valida, né come vivente rifugio”». L’intervento dell’essere umano sulla natura – ricorda Bergoglio – «si è sempre verificato, ma per molto tempo ha avuto la caratteristica di accompagnare, di assecondare le possibilità offerte dalle cose stesse. Si trattava di ricevere quello che la realtà naturale da sé permette, come tendendo la mano. Viceversa, ora ciò che interessa è estrarre tutto quanto è possibile dalle cose attraverso l’imposizione della mano umana, che tende ad ignorare o a dimenticare la realtà stessa di ciò che ha dinanzi».

Adesso, se davvero si vuole neutralizzare il germe dell’auto-annientamento inoculato nei modelli di vita e di consumo imposti dal paradigma tecnocratico, «è giunto il momento di prestare nuovamente attenzione alla realtà con i limiti che essa impone, i quali a loro volta costituiscono la possibilità di uno sviluppo umano e sociale più sano e fecondo».

 

Un documento “operativo”

Le previsioni catastrofiche – avverte Papa Francesco – «ormai non si possono più guardare con disprezzo e ironia. Potremmo lasciare alle prossime generazioni troppe macerie, deserti e sporcizia. Il ritmo di consumo, di spreco e di alterazione dell’ambiente ha superato le possibilità del pianeta, in maniera tale che lo stile di vita attuale, essendo insostenibile, può sfociare solamente in catastrofi, come di fatto sta già avvenendo periodicamente in diverse regioni». Eppure, l’enciclica ambientale non appartiene in alcun modo al genere “catastrofista”. Davanti alla diagnosi realista e dettagliata dello stato delle cose, non compare traccia di discorsi paralizzati dalla paura del futuro e dal senso di impotenza. Al contrario, le pagine sono disseminate di proposte operative e appelli incalzanti ad agire in fretta. Perché la situazione è grave e il tempo si è fatto breve, ma un concreto e condiviso cambiamento di rotta può tener viva la speranza di invertire la rotta. Bergoglio si rivolge a tutti: a ogni singolo credente, a ogni uomo e donna di buona volontà, ma anche alle nazioni, agli organismi internazionali e al ceto dei «decisori». A tutti propone decine di suggerimenti concreti e di “piste” da seguire. Su tutto spicca, soprattutto per i Paesi avanzati, la prospettiva suggerita della «decelerazione», la stessa indicata anche dagli analisti più lungimiranti come via maestra da imboccare senza esitazioni, se si vuole interrompere la spirale dell’auto-devastazione. «Se in alcuni casi lo sviluppo sostenibile comporterà nuove modalità per crescere» – avverte l’enciclica – «in altri casi, di fronte alla crescita avida e irresponsabile che si è prodotta per molti decenni, occorre pensare pure a rallentare un po’ il passo, a porre alcuni limiti ragionevoli e anche a ritornare indietro prima che sia tardi. Sappiamo che è insostenibile il comportamento di coloro che consumano e distruggono sempre più, mentre altri ancora non riescono a vivere in conformità alla propria dignità umana. Per questo è arrivata l’ora di accettare una certa decrescita in alcune parti del mondo, procurando risorse perché si possa crescere in modo sano in altre parti».

 

La Chiesa amica degli uomini

Nel proporre al mondo la sua “Summa Ecologica”, Papa Francesco offre a tutti i doni appropriati e salutari che ritrova nel tesoro inesauribile della Tradizione e della memoria cristiana. Non rivendica al cristianesimo la “matrice” teologico-culturale del sistema capitalista o dei modelli di sviluppo diffusi dall’economia di mercato. Anzi, su quel versante descrive le derive di un «antropocentrismo deviato» e riconosce che «una presentazione inadeguata dell’antropologia cristiana ha finito per promuovere una concezione errata della relazione dell’essere umano con il mondo. Molte volte è stato trasmesso un sogno prometeico di dominio sul mondo che ha provocato l’impressione che la cura della natura sia cosa da deboli». Piuttosto, Bergoglio suggerisce che nel presente momento storico è l’esperienza cristiana della gratuità della creazione, segnata dallo stupore e dalla gratitudine per un dono ricevuto e da tutelare, che può aiutare tutti a ritrovare stili vita non sottomessi alle bulimie nevrotiche imposte dal consumismo. «Quando pensiamo alla situazione in cui si lascia il pianeta alle future generazioni» – scrive Papa Francesco – «entriamo in un’altra logica, quella del dono gratuito che riceviamo e comunichiamo. Se la terra ci è donata, non possiamo più pensare soltanto a partire da un criterio utilitarista di efficienza e produttività per il profitto individuale».

Mentre ripropone come dono per tutti la via della sobrietà e dello stupore davanti al creato già indicata da San Francesco e da tanti altri umili eletti della spiritualità cristiana, l’attuale Vescovo di Roma ripropone l’immagine della Chiesa amica degli uomini delineata anche al Concilio Vaticano II. Una Chiesa che annunciando il Vangelo di Cristo non ha interessi o disegni di rilevanza propria da difendere. E proprio per questo può offrire all’intera famiglia umana i doni sempre nuovi della millenaria saggezza cristiana.

Con la sua enciclica Papa Francesco tocca un nervo scoperto del mondo, coglie con profetico tempismo l’urgenza planetaria del momento. Nella scena del mondo stravolta dalle guerre e dalle inimicizie, indica a tutti nella difesa e nella salvaguardia del creato un terreno comune su cui riscoprire e vivere in maniera concreta la comunanza di destino che unisce i cristiani agli ebrei, agli islamici, ai seguaci delle diverse tradizioni religiose e a tutti gli uomini e le donne della terra. Forse per questo, è probabile che anche i potenti delle nazioni porgeranno attenzione alle sue parole.

Come era accaduto nei decenni passati con la Pacem in terris – quando l’altro nome di Dio era stato evocato davanti alle avvisaglie della guerra nucleare – e la Populorum progressio – quando Paolo VI, al mondo che usciva dal neo-colonialismo, aveva parlato dei «popoli della fame» che  «interpellano i popoli dell’opulenza». Così può accadere quando la Chiesa mostra al mondo in maniera limpida che predicare il Vangelo di Cristo vuol dire anche avere a cuore il bene di tutti, e essere al servizio di tutti. Perché, come insegnava anche Sant’Agostino, a quelli che appartengono alla Città di Dio sta a cuore anche il bene proprio della Città dell’uomo.

 

Fonte: http://vaticaninsider.lastampa.it/ – 18/06/2015

L’enciclica «verde»: salvare il creato senza manipolare l’uomo

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Fonte Immagine: http://vaticaninsider.lastampa.it/ (©Ansa) Salvare il creato senza manipolare l’uomo

 

Nella «Laudato si’» Francesco mostra grande attenzione per i movimenti ambientalisti ma spiega che non ci si può battere per salvare piante e animali, e giustificare l’aborto o la manipolazione degli embrioni

ANDREA TORNIELLI CITTÀ DEL VATICANO

 

La grande apertura manifestata da Francesco nell’enciclica «Laudato si’» verso molte istanze dei movimenti ambientalisti non è affatto incondizionata. Tutt’altro. In diverse e puntuali pagine del nuovo documento, che lega indissolubilmente la questione ambientale ed ecologica alla questione sociale, Papa Bergoglio mette bene in chiaro il controsenso di quanti considerano l’uomo come il «cancro» del pianeta, combattono strenuamente la manipolazione genetica delle sementi e si battono contro la sperimentazione sugli animali. Ma al tempo stesso giustificano l’aborto, la sperimentazione e la manipolazione genetica sugli embrioni umani vivi, interessandosi magari moltissimo delle balene e per nulla dei migranti, dei profughi, di chi muore di fame e di sete.

«Le ferite all’ambiente naturale e all’ambiente sociale sono tutte «causate in fondo dal medesimo male, cioè dall’idea che non esistano verità indiscutibili che guidino la nostra vita, per cui la libertà umana non ha limiti», spiega il Papa all’inizio dell’enciclica.

Francesco contesta le teorie sulla denatalità, che vanno per la maggiore. «Invece di risolvere i problemi dei poveri e pensare a un mondo diverso, alcuni si limitano a proporre una riduzione della natalità. Non mancano pressioni internazionali sui Paesi in via di sviluppo che condizionano gli aiuti economici a determinate politiche di “salute riproduttiva”». Riprendendo il Compendio della dottrina sociale della Chiesa Francesco spiega che «la crescita demografica è pienamente compatibile con uno sviluppo integrale e solidale». Infatti, «incolpare l’incremento demografico e non il consumismo estremo e selettivo di alcuni, è un modo per non affrontare i problemi. Si pretende così di legittimare l’attuale modello distributivo, in cui una minoranza si crede in diritto di consumare in una proporzione che sarebbe impossibile generalizzare, perché il pianeta non potrebbe nemmeno contenere i rifiuti di un simile consumo. Inoltre, sappiamo che si spreca approssimativamente un terzo degli alimenti che si producono, e il cibo che si butta via è come se lo si rubasse dalla mensa del povero».

Un accenno alla teoria di coloro che considerano l’uomo come la malattia del pianeta lo si trova nel paragrafo in cui Papa Bergoglio presenta le varie posizioni in campo: «Dall’altro estremo, altri ritengono che la specie umana, con qualunque suo intervento, può essere solo una minaccia e compromettere l’ecosistema mondiale».

Francesco dice no ad «equiparare tutti gli esseri viventi e togliere all’essere umano quel valore peculiare che implica allo stesso tempo una tremenda responsabilità. Il Papa osserva: «Si avverte a volte l’ossessione di negare alla persona umana qualsiasi preminenza, e si porta avanti una lotta per le altre specie che non mettiamo in atto per difendere la pari dignità tra gli esseri umani… ma ci dovrebbero indignare soprattutto le enormi disuguaglianze che esistono tra di noi».

«Non può essere autentico un sentimento di intima unione con gli altri esseri della natura, se nello stesso tempo nel cuore non c’è tenerezza, compassione e preoccupazione per gli esseri umani. È evidente l’incoerenza di chi lotta contro il traffico di animali a rischio di estinzione, ma rimane del tutto indifferente davanti alla tratta di persone, si disinteressa dei poveri, o è determinato a distruggere un altro essere umano che non gli è gradito. Ciò mette a rischio il senso della lotta per l’ambiente».

Ancora, il Papa sottolinea che «quando non si riconosce nella realtà stessa l’importanza di un povero, di un embrione umano, di una persona con disabilità – per fare solo alcuni esempi –, difficilmente si sapranno ascoltare le grida della natura stessa», perché «tutto è connesso».

Infatti, aggiunge, «non si può proporre una relazione con l’ambiente a prescindere da quella con le altre persone e con Dio. Sarebbe un individualismo romantico travestito da bellezza ecologica e un asfissiante rinchiudersi nell’immanenza».

In un paragrafo dell’enciclica Francesco ripete il no all’aborto, già contenuto anche nell’esortazione «Evangelii gaudium»: «Dal momento che tutto è in relazione, non è neppure compatibile la difesa della natura con la giustificazione dell’aborto. Non appare praticabile un cammino educativo per l’accoglienza degli esseri deboli che ci circondano, che a volte sono molesti o importuni, quando non si dà protezione a un embrione umano benché il suo arrivo sia causa di disagi e difficoltà».

Il Papa inoltre mette in luce il controsenso di una difesa intransigente dell’ambiente che non si comporta allo stesso modo quando di tratta di difendere gli esseri umani: «D’altro canto, è preoccupante il fatto che alcuni movimenti ecologisti difendano l’integrità dell’ambiente, e con ragione reclamino dei limiti alla ricerca scientifica, mentre a volte non applicano questi medesimi princìpi alla vita umana. Spesso si giustifica che si oltrepassino tutti i limiti quando si fanno esperimenti con embrioni umani vivi. Si dimentica che il valore inalienabile di un essere umano va molto oltre il grado del suo sviluppo. Ugualmente, quando la tecnica non riconosce i grandi princìpi etici, finisce per considerare legittima qualsiasi pratica».

Guardando al creato come un dono, con lo sguardo dell’ecologia umana, Francesco mette in guardia dalle teorie che negano la differenza sessuale: «Anche apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere sé stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé. In tal modo è possibile accettare con gioia il dono specifico dell’altro o dell’altra, opera di Dio creatore, e arricchirsi reciprocamente. Pertanto, non è sano un atteggiamento che pretenda di cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa».

«L’ecologia umana è inseparabile dalla nozione di bene comune», spiega Francesco, e «il bene comune presuppone il rispetto della persona umana in quanto tale, con diritti fondamentali e inalienabili ordinati al suo sviluppo integrale. Esige anche i dispositivi di benessere e sicurezza sociale e lo sviluppo dei diversi gruppi intermedi, applicando il principio di sussidiarietà. Tra questi risalta specialmente la famiglia, come cellula primaria della società». La famiglia «è il luogo in cui la vita, dono di Dio, può essere adeguatamente accolta e protetta contro i molteplici attacchi a cui è esposta, e può svilupparsi secondo le esigenze di un’autentica crescita umana».

Come si vede, l’attenzione alla vita, al valore «inalienabile» di ogni essere umano, è per Francesco una condizione imprescindibile per un approccio che sia veramente rispettoso della natura e dell’ambiente.

Vedi la fonte degli articoli contenuti in questo articolo: http://vaticaninsider.lastampa.it/

 

18/06/2015

L’enciclica di Francesco: «La terra è ferita, serve una conversione ecologica»

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«La terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia»

(©Afp)

(©Afp) «La terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia»

La lettera «Laudato si’»: siamo cresciuti credendoci autorizzati a saccheggiare il pianeta. La crisi ambientale è crisi antropologica ed è legata al modello di sviluppo: bisogna eliminare le cause strutturali di un’economia che non rispetta l’uomo. Appello a governi e istituzioni, proposta di nuovi stili di vita. La difesa della natura non è compatibile con aborto e sperimentazione sugli embrioni. Per la prima volta in un’enciclica la citazione di un mistico del sufismo, Ali Al-Khawwas

andrea tornielli
Città del Vaticano

 

La terra, nostra casa comune, «protesta per il male che provochiamo a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla». Serve una «conversione ecologica». La salvaguardia dell’ambiente non può essere disgiunta dalla giustizia verso i poveri e dalla soluzione dei problemi strutturali di un’economia che persegue soltanto il profitto.