Riceviamo e pubblichiamo:
Lo studio dell’ARPAT rivela l’enorme quantità di inquinanti rilasciati fino ad oggi dall’inceneritore della Versilia.
MARTEDÌ, 18 DICEMBRE 2012
Il Tirreno
Pagina 1 – Viareggio
Da Falascaia veleni per 15 anni
Arpat rivela: il vecchio inceneritore ha sparso diossina e polveri fini in quantità enormi che hanno inquinato l’intero territorio di Pietrasanta e Camaiore – TUCCINI IN CRONACA
Pagina 21 – Viareggio
Quindici anni di veleni su mezza Versilia
Arpat rivela: a Pietrasanta e Camaiore concentrazioni enormi di diossina e polveri fini emessi dal vecchio inceneritore
di Matteo Tuccini wPIETRASANTA Quindici anni di veleni su mezza Versilia. Dal 1974 al 1988 gli interi Comuni di Pietrasanta e Camaiore sono stati pervasi da diossina, polveri fini e metalli pesanti, emessi in quantità enormi dal vecchio inceneritore di Falascaia. Sforando in maniera clamorosa i limiti di legge.
Ad affermarlo è uno studio di Arpat, primo (e importante) passo dell’indagine sull’inquietante record versiliese dei tumori che l’Asl 12 sta conducendo dal 2010. Effetti più vasti e più duraturi. Come anticipato mesi fa dal Tirreno, insomma, il vecchio impianto non inquinava in maniera pesante solo nell’area circoscritta al Pollino e a Capezzano Pianore. I suoi effetti nefasti si sono sparsi in un’area ben più estesa. E purtroppo, vista la persistenza negli anni di queste polveri venefiche nell’ambiente e negli organismi – uomo compreso – le conseguenze negative non si sono certo fermate al 1988, anno di chiusura dell’inceneritore. «Concentrazioni elevate». Lo studio di Arpat, che ha messo a confronto il vecchio e il nuovo impianto (oggi chiuso) mette in evidenza come, a fronte di un progresso tecnologico che ha ridotto le emissioni, i dati relativi al vecchio inceneritore mostrano concentrazioni degli inquinanti assai elevate. «Confrontando i dati ottenuti con i limiti di legge o i riferimenti sanitari applicabili – si legge nello studio di Arpat – si osserva che l’apporto di pm10 (polveri fini, ndr) dovuto all’impianto attuale alle concentrazioni nelle aree circostanti è irrilevante, e la somma delle deposizioni di Pccd/f e Pcb/dl (diossine e policlorobifenili, ndr), risulta in ciascun punto del territorio ampiamente inferiore ai livelli di azione attualmente considerati in ambito internazionale, ed indicati dall’Istituto superiore di sanità». «Diversamente, i risultati ottenuti per il vecchio impianto – prosegue lo studio – nonostante le notevoli incertezze presenti, mostrano impatti significativi per la maggior parte degli inquinanti esaminati. In particolare per Pccd/f gli attuali livelli di riferimento risultano superati non solo nei punti di massima ricaduta, ma in un’area estesa decine di chilometri quadrati che comprende gran parte del comune di Pietrasanta e di quello di Camaiore». In parole povere, anche a 10 chilometri di distanza dal Pollino gli esseri viventi respiravano aria avvelenata come se vivessero a due passi. Così come la terra ne era impregnata. Gli sforamenti. Ma di quanto venivano superati i limiti? Ecco un esempio. Per quanto riguarda la diossina e i policlorobifenili, il valore massimo della deposizione media giornaliera è di 1.934, quando il valore limite per legge è di 8,2. E l’area interessata da questo sforamento era di 131 chilometri quadrati, cioè la metà del territorio considerato. Ora tocca all’Asl. I risultati di questo studio – di cui si è discusso pochi giorni fa in Regione – sono stati consegnati al Dipartimento di prevenzione dell’Asl, all’Istituto scientifico per la prevenzione oncologica e al Comitato scientifico di garanzia, costituito dalla stessa Asl come garante dei cittadini. Nei prossimi mesi si porteranno a termine gli studi degli effetti dell’inquinamento sulle persone e sui prodotti alimentari. L’obiettivo è chiarire, una volta per tutte, i guasti causati dai veleni di Falascaia sulla popolazione versiliese.
Il Tirreno
Pagina 21 – Viareggio
Il triste record delle morti per tumore
Quando il dato emerse per la prima volta, grazie all’indagine del laboratorio Sant’Anna che certifica lo stato di salute delle popolazioni toscane, la reazione fu di sgomento. Da anni la Versilia è il territorio dove – in percentuale – si muore maggiormente di tumore. Un primato agghiacciante, su cui Il Tirreno ha avviato una campagna per capirne le cause e informare i cittadini. Non sempre la reazione delle istituzioni ha mostrato la volontà di trasparenza richiesta da cittadini, associazioni e Comitati. Si è distinta, in questo, sicuramente l’Asl che ha messo in piedi un’indagine scientifica – di cui lo studio di Arpat è la prima pietra – per far luce. E dopo due anni, a dispetto di qualche dichiarazione allucinante – l’ex assessore regionale Scaramuccia disse che «l’indagine era rassicurante» – i primi elementi iniziano a uscire.